La Spezia in giallo La Spezia in giallo

Saggi

Saggi di Raffaella Ferrari

"Bioetica e cremazione"

"BIOETICA E CREMAZIONE"

"Quanto più morale è un popolo
tanto più numerosi sono i principi
che nel suo seno raccoglie"
(C. CATTANEO)

INTRODUZIONE

Il termine bioetica è stato coniato negli anni settanta da V. R. Potter per indicare l'insieme delle riflessioni morali sui problemi vecchi e nuovi sollevati dalla medicina e dalla biologia.
Da ciò risulta che essa è primariamente una riflessione normativa e come tale è tesa a proporre risoluzioni a problemi pratici della vita comune.
Ne consegue che la bioetica ha intrinsecamente il compito di usare la biologia e la medicina (impiegando tutti gli strumenti che il progresso mette loro a disposizione) per migliorare le condizioni di vita del singolo e della società stessa.
Appare dunque chiaro che essa ricade nel campo d'azione dell'etica utilitaristica e deontologica.
Il deontologico, infatti, concepisce la qualità della vita in termini di rispetto delle scelte autonome, in quanto riconosce all'individuo la capacità di porsi come miglior giudice delle proprie scelte.
L'utilitarista, invece, rapporta la qualità della vita al maggior benessere generale possibile.
Le due prospettive sono comunque simili, in quanto intendono la moralità come qualcosa di stabilito dall'uomo (come singolo o come collettività) per cui essa diventa un'Istituzione sociale che ha per scopo quel tipo di convivenza che garantisce un adeguato livello di qualità della vita per gli individui coinvolti.

BIOETICA E CREMAZIONE

Partendo dai presupposti sopra scritti, si perviene all'inevitabile conclusione che ogni strategia che possa migliorare la qualità della vita del singolo o della collettività, deve essere ritenuta moralmente valida.
Da ciò ne consegue che, qualora si stabilisse che la cremazione aiuta a risolvere problemi contingenti e quindi aumenta il benessere della collettività, essa dovrebbe necessariamente essere considerata una scelta moralmente valida.
Vagliamo dunque innanzitutto l'aspetto igienico-sanitario. È fuori da ogni dubbio che la cremazione delle salme sia un metodo igienicamente più corretto rispetto alla sepoltura. Esso, infatti, evita il propagarsi di malattie, infezioni ed epidemie; qualità, queste, già, del resto, riconosciute in tempi remoti, come testimonia il fatto che durante le grandi epidemie (come ad esempio la peste del XIII secolo in Italia) le autorità stesse decidevano l'abbruciamento dei cadaveri (e dei loro effetti personali) per limitare ed arginare il diffondersi della malattia.
È d'uopo, inoltre, ricordare che esiste sempre la possibilità di un inquinamento delle acque a causa dell'infiltrazione e conseguente danneggiamento della falda freatica presente nel terreno sotto ai campi di sepoltura, rischio che viene del tutto neutralizzato se la salma, cremata e racchiusa nell'urna cineraria, viene conservata in un loculo.
Passiamo ora ad analizzare il profilo socio-economico. È di pubblico dominio il fatto che il problema cimiteriale sia all'ordine del giorno in tutte le Amministrazioni Comunali: l'inevitabile espansione dei cimiteri, infatti, viene, giocoforza, ad essere oggetto di forti investimenti e deve, quindi, essere analizzata nei Piani Regolatori, con conseguente impegno di tempo e di mezzi da parte delle Autorità Pubbliche.
Considerando, dunque, che il peso delle ceneri di un corpo adulto si aggira attorno ai due chilogrammi e mezzo, e che, in rapporto quattro bare occupano lo spazio di circa duecento urne cinerarie, appare chiaro che "loculi contenenti le urne potrebbero semplificare i problemi di spazi, essendo sempre più difficile trovare aree per colombari, per campi temporali o per ossari".
In ultima analisi, va ricordato che la Cremazione viene eseguita gratuitamente in centri specializzati e quindi che la spesa sostenuta dalla famiglia del defunto non è affatto più alta rispetto a quella che normalmente ci si trova ad affrontare quando si deve organizzare un funerale.

CONCLUSIONE

Lo scopo di questo breve capitolo sui rapporti tra bioetica e Cremazione, è quello di dimostrare come la Cremazione sia una soluzione che migliora la qualità della vita della società.
Abbiamo, infatti, stabilito che la bioetica convalida come moralmente accettabili tutte quelle scelte che siano utili al singolo o alla collettività; abbiamo, poi, sommariamente elencato quali sono i vantaggi che la Cremazione comporta al mondo dei vivi (maggior igiene, minor inquinamento, vantaggio economico e di spazio) senza per questo togliere niente al mondo dei morti (la memoria del defunto e la sua celebrazione non vengono in alcun modo danneggiate).
Procedendo dunque analiticamente, abbiamo implicitamente dimostrato la tesi, basandoci su dati oggettivi, di facile comprensione e che difficilmente possono essere confutati.

"CREMAZIONE E RELIGIONE"

"L'abbruciamento dei cadaveri, come non
tocca l'anima e non impedisce
all'Onnipotenza Divina di ricostruire
il corpo, non è cosa contraria alla
religione cristiana"
(5 Luglio 1963 - PAOLO VI)

INTRODUZIONE

Fino a non molto tempo fa, la religione cattolica non permetteva la Cremazione.
Questo divieto nasceva dal presupposto che il fuoco, in quanto elemento fortemente distruttivo, impedisse la resurrezione dell'anima avendone prima distrutto il corpo.
Fu soprattutto durante il periodo Medievale, epoca storica in cui maggiormente venne avvertita la presenza mistica nel quotidiano, che il fuoco assunse una connotazione esclusivamente negativa : esso era una sorta di punizione divina; tant'è che le streghe venivano bruciate nei roghi e che il luogo del Male in assoluto, l'inferno, ha come elemento distintivo proprio le fiamme.
Ne consegue, dunque, che la pratica della Cremazione venisse a identificarsi come qualcosa di fortemente pagano, se non addirittura diabolico, e che si configurasse solo come mezzo di punizione per i peccatori che non meritavano la resurrezione, che, per l'appunto, veniva loro negata bruciandone il corpo.

BIOETICA E CREMAZIONE

È ora opportuno, però, andare a ricercare l'interpretazione originaria che la religione cristiana, ai suoi albori, dava del fuoco.
Esso non veniva affatto considerato una forza negativa, tutt'altro, sono numerose, invece, le rappresentazioni che ne fanno una metafora di Dio stesso.
Ne è una testimonianza, ad esempio, il racconto che appare nell'Esodo al capitolo tre, nel quale Mosè avverte la presenza di Dio quando nel deserto scorge un roveto avvolto nelle fiamme senza che questo bruci o si consumi; oppure, sempre nell'Esodo al capitolo diciannove, laddove la manifestazione di Dio sul Monte Sinai è descritta come un fuoco grande, con lampi, tuoni ed una nube fitta.
Anche per quanto riguarda la resurrezione originariamente la cristianità non si poneva nei termini categorici che abbiamo prima riportato. Ciò che risorgeva era infatti esclusivamente l'anima, quel soffio divino che fa l'uomo uomo, e non il corpo: Dopo che questa mia pelle sarà distrutta, senza la mia carne, vedrò Dio.
Le letture del fuoco come forza maligna e dell'anima come indissolubilmente legata al corpo, sono, come già detto, interpretazioni medievali che nascono da una traduzione dei Testi Sacri condotta in modo troppo rigoroso, con quella rigidità mentale e morale che ha caratterizzato tutto il sapere filosofico dell'Epoca di Mezzo.
In origine, dunque, la cristianità considerava il fuoco unicamente come uno dei quattro elementi primordiali, e come tale esso non si poteva considerare nè come Male nè come Bene, ma solo come forza, e come tale doveva e poteva essere l'icona per disegnare la forza iniziatrice dell'Universo: Dio.
Allo stesso modo il corpo altro non era se non il nostro involucro terreno e come tale soggetto alle modificazioni del tempo e quindi senz'altro inferiore rispetto allo spirito che è eterno e ciò che rende l'uomo ad immagine e somiglianza di Dio. Quindi la distruzione del corpo non veniva interpretata come un ostacolo alla resurrezione, al contrario, era semmai conditio sine qua non, in quanto per aspirare alla vita eterna bisognava disfarsi di tutto ciò che era terreno.

CONCLUSIONE

Quello che si è voluto qua dimostrare, è che un attento esame dei Testi Sacri ci conduce a stabilire che in essi non compare alcun elemento che possa far pensare ad una vera avversità nei confronti della Cremazione.
Del resto il Concilio Vaticano II ha reintegrato completamente questa pratica fra i riti permessi dal cristianesimo, tanto che nel Codice di diritto canonico, il canone 1176 al paragrafo due afferma che "La Chiesa (...) non proibisce la cremazione (...)".
Vorrei, in ultima analisi, sottolineare un ulteriore aspetto: sempre nel Concilio Vaticano II si è espressamente raccomandata l'attenzione che il buon cristiano deve avere nei confronti della natura. L'uomo deve rendere più umana la vita sociale sia nella famiglia che in tutta la società civile, mediante il progresso del costume e delle istituzioni.
Questa appare come una esortazione a cercare il Bene maggiore per l'intera società, anche usufruendo dei mezzi che il progresso mette a disposizione, quindi la Cremazione, che, come abbiamo visto, sotto vari aspetti migliora la vita della società, anche da questo punto di vista non può essere vietata al cristiano.

NOTA DELL'AUTRICE

In questa dissertazione si sono volute elencare le argomentazioni secondo le quali, a mio avviso, la Cremazione può essere ritenuta una scelta eticamente e moralmente corretta.
Naturalmente le ragioni a sostegno di questa tesi sono state trattate in modo piuttosto superficiale in quanto ognuna di esse può dare origine ad ampie discussioni che non potevano trovar spazio in un saggio breve e puramente esplicativo quale questo vuol essere.
Inoltre, come ogni scelta soggettiva, anche la Cremazione deve rispondere soprattutto alla coscienza del singolo che però ha il dovere, oltre che il diritto, di essere informato culturalmente in modo da spazzar via quei pregiudizi che spesso il senso comune induce a creare.