La Spezia in giallo La Spezia in giallo

Racconti brevi

"La gattara"

Anche quella mattina Maria si era svegliata all'alba, quando ancora il colore del cielo non era ben definito e pareva quasi bianco, aveva preso la corriera, faticando come al solito a salirvi a causa delle sue vecchie ossa stanche, e aveva raggiunto un piccolo paese di mare incastonato come una perla su una scogliera che si tuffava a picco nel mare blu. Da anni ormai la vita di Maria si dipanava sempre uguale: tutti i giorni le solite azioni, ripetute con minuziosa precisione per avere l'illusione che se anche il tempo passava, le cose non cambiavano. Maria aveva una passione, l'unica che avesse in qualche modo colorato un'esistenza altrimenti grigia: i gatti. Essi davano un senso alla sua vita e le davano la forza di andare avanti, nonostante fosse sola al mondo ormai da anni. Ne aveva quindici, raccolti un po' ovunque e li teneva in una piccola cantina con aia esterna che era riuscita ad acquistare a costo di enormi sacrifici economici. La cantina, cinque metri per quattro, si trovava in un incantevole paesino di pescatori, con le case colorate come in un quadro di Monet. Ecco perchè ogni giorno prendeva la corriera, per raggiungere i suoi amici felini partendo dall'anonima città di provincia nella quale abitava.

Come aprì il piccolo cancello, tre o quattro gatti le si fecero incontro, con la coda dritta, strusciandosi sinuosi fra le sue caviglie. Gli animali, infatti, potevano uscire dalla cantina da soli utilizzando una piccola apertura sulla porta, così, se volevano, potevano godersi il sole nell'aia recintata. Come al solito Maria si accinse ad aprire la porta della cantina per accudire i suoi "amici a quattro zampe" ma all'improvviso vide qualcosa, qualcosa che le fece gelare il sangue nelle vene. Con il cuore in gola e nelle orecchie un sommesso ronzio nato dalla paura che stava crescendo in lei, si avvicinò per guardare meglio... Quando capì, si sentì mancare e dovette sedersi sui gradini della cantina per non svenire. Due dei suoi mici giacevano morti in un angolo del cortile. Ma quello che le faceva più male non era il loro decesso (la vita e la morte - Maria lo sapeva bene - fanno parte dell'ordine naturale delle cose), quello che quasi l'aveva fatta svenire era la consapevolezza che i due poveri mici erano stati avvelenati. I resti di alcune polpette, infatti, erano ben visibili vicino ai due cadaveri e di certo non poteva essere una coincidenza... Chi - si chiese Maria, mentre suo malgrado due grossi lacrimoni le rigavano le guance avvizzite dagli anni - chi poteva aver fatto una cosa simile? Chi poteva serbare tanto rancore nei confronti di creature meravigliose come i gatti? Aveva sempre fatto attenzione che i suoi animali non recassero disturbo a nessuno, e nessuno s'era mai lamentato, almeno che lei sapesse... E allora perchè, perchè?...

Nella quiete della linda cucina dell'appartamento annesso alla piccola caserma rosa, che da qualche anno era la sua dimora, il Maresciallo Saverio Lo Giudice cucinava. Cucinare era per lui una vera passione da espletare con il cuore e con la mente, ogni volta che aveva un po' di tempo libero... Quella mattina s'apprestava ad infornare un delizioso arrosto di pollo che aveva confezionato con limone, olio, rosmarino, ed aglio e che a metà cottura avrebbe perfezionato aggiungendovi una spruzzata di sale e pepe ed un bicchiere di vino bianco dei colli di Luni. Stava giusto tentando di tenere lontano dalla sua creazione il grosso gatto nero dagli occhi gialli, silente amico e comprensivo compagno di tante avventure, quando il telefono interno della caserma trillò:
"Che c'è, Sarrino?" disse, alzata la cornetta, indovinando che dall'altra parte del filo c'era il brigadiere Toni Sarrino, suo insostituibile braccio destro.
"Maresciallo, mi scusi se la disturbo, ma c'è qui la signora Maria Sebastiani... Ecco, è in lacrime e chiede di lei..."
"Scendo subito..." Saverio posizionò il pollo ancora crudo in frigorifero, allontanando il gatto delicatamente con il piede, e pregò che qualche ora d'attesa al freddo non danneggiasse troppo la sua composizione. D'altronde Maria Sebastiani era un'adorabile vecchietta con i capelli bianchi a nuvola e gli occhi dolci e sinceri. L'aveva conosciuta qualche anno prima, quando era appena arrivato in quel pittoresco paese di pescatori, e subito l'anziana signora l'aveva conquistato rubandogli un pezzetto di cuore con quei suoi modi da donna d'altri tempi. Perciò se ora aveva bisogno di lui, lui non poteva mancare.

Entrò nel suo ufficio aspirando con un certo piacere l'usuale odore di inchiostro e vecchia cancelleria che sempre vi aleggiava. Maria stava seduta, come abbandonata, sulla sedia, la stampella era appoggiata al muro ed aveva un fazzoletto ricamato in mano, per asciugare gli occhi umidi.
"Signora Maria... Che succede?"
"Oh Maresciallo, che cosa brutta, che cosa brutta!!..."
"Coraggio, mi dica..."
"Hanno ammazzato Pippo e Minù..."
"Uh? Pippo e Minù?"
"Sì, due dei miei gatti...!" ed un singhiozzo sommesso le sfuggì dalle labbra.
"Come sarebbe a dire che li hanno uccisi?"
"Sì, qualcuno... qualcuno è stato tanto... tanto cattivo da dare loro una polpetta avvelenata..."
"Ne è sicura?"
"Sì, Maresciallo, non è solo un sospetto... vede quando ho trovato Pippo e Minù morti, stamattina, con degli avanzi di cibo che io non gli avevo dato, vicino ai loro cadaveri, ho chiamato la veterinaria, la dottoressa Isabella Mori, e lei ha confermato tutto: li hanno avvelenati! - e soffiò il naso - deve aiutarmi, Maresciallo! Deve trovare chi ha fatto questa cosa orribile!!"

La cantina di proprietà della signora Maria si trovava in una zona del paese piuttosto defilata, rispetto al mare. Vi si accedeva tramite un piccolo cancello ubicato a circa metà di un stretto carugio in salita. Saverio si guardò attorno: un luogo tranquillo. Le due case-torri, strette e alte, che confinavano con l'edificio della cantina, avevano le facciate dipinte di vivaci colori e i gerani alle finestre.
Il maltrattamento di animali è un reato punibile per Legge, e per convinzione morale lui si sentiva particolarmente propenso ad applicare il massimo della pena, perciò la denuncia di Maria aveva aperto delle indagini di routine. Saverio entrò nel cortile usando la chiave che la signora gli aveva dato. Tre o quattro gatti gli corsero incontro. Ne accarezzò un paio e diede un'occhiata in giro. I resti delle polpette erano ancora dove gli aveva indicato Maria, chiusi in una busta di plastica, in modo che gli altri mici non subissero la sorte dei poveri Pippo e Minù i cui cadaveri erano stati rimossi. L'aia era in perfetto ordine: vasi di rigogliose piante fiorite profumavano l'aria e facevano assomigliare il cortile ad un giardino incantato. Attorno alla ringhiera del cancello, alta un paio di metri, vi era una fitta rete verde, posizionata lì con l'intento di impedire ai gatti di uscire. Essa, però, impediva anche, a chi passasse nelle vicinanze, di vedere dentro, nonchè di introdurvi qualcosa passandolo fra le sbarre. Sicchè le polpette dovevano, per forza di cose, essere state gettate da qualche finestra che affacciava sul cortile. Guardò in su: nove finestre in tutto, appartenenti probabilmente a non più di tre appartamenti. Raccolse la busta con i resti delle polpette. Poi entrò nella cantina: numerosi gatti gli si avvicinarono sinuosi ed un lieve odore di lisoformio gli colpì le narici. Si trattava di una piccola stanza con il soffitto a volte, ordinata e pulita. Dunque la ragione dell'accanimento contro gli animali della signora Maria non poteva essere trovata nel disturbo provocato da cattivi odori e neanche dal miagolio, visto che tutti i gatti erano sterilizzati e quindi "non andavano in amore". E allora perchè? Chi aveva voluto fare un tale dispetto alla signora Maria?
Uscì e s'avvide che una rubiconda signora dall'aria simpatica era intenta, affacciata al terzo piano, a stendere i panni. Anche la signora s'accorse di Saverio:
"Santo Cielo - disse, notando probabilmente la sua divisa - è capitato qualcosa alla signora Maria?"
"Nulla di grave. Posso salire a farle alcune domande?" rispose il Maresciallo, pensando di cogliere al balzo l'occasione.
"Certo..." rispose quella un po' titubante.

La signora si chiamava Carolina Spada ed accolse Saverio in un bel salotto lindo e profumato.
"Gradisce un caffè, Maresciallo?"
"Sì, grazie signora, lo prendo proprio volentieri" Al caffè Saverio non era mai riuscito a dire di no...
In un lampo la signora sparì dalla stanza e ricomparve con un vassoio su cui stavano la caffettiera fumante e le tazzine, segno evidente che il caffè era già pronto quando lui era arrivato.
"Di che si tratta, Maresciallo?" fece lei versando il caffè.
"Conosce qualcuno qui nell'isolato che possa, per qualche ragione, avercela con la signora Maria o con i suoi gatti?"
"Beh, qua abitano soltanto tre famiglie... e tutti conosciamo la signora Maria da anni... è una brava persona e la sua passione per i gatti non ci ha mai arrecato alcun disturbo... Anzi, prima che sterilizzasse anche l'ultima femmina, ha regalato cuccioli un po' a tutti, qui nel vicinato.. Ma... perchè me lo chiede?"
"Sembra che qualcuno abbia introdotto alcune polpette avvelenate nella proprietà della signora con il chiaro intento di uccidere gli animali: per fortuna, ma è stato solo un caso, ne sono morti soltanto due!"
"Santo Cielo! Le assicuro che nessuno che abita qua può aver fatto una cosa simile!" La signora sembrava sincera.
"Mi parli delle altre famiglie..."
"Beh, io vivo sola, di fronte a me c'è una famiglia composta da padre, madre e due bambini. I genitori sono gran lavoratori: stanno poco a casa. I bambini sono dei tesori che adorano gli animali. Poi ci sono i signori Torre, che hanno l'appartamento terra-tetto dell'altro caseggiato. Sono marito e moglie anziani, pensionati. Anche loro adorano i gatti: Maria gli aveva addirittura regalato due cuccioli!"
"Nessun altro vive in questo isolato?"
"Nessun altro ci vive. Però c'è l'altra cantina... È stata affittata ad un tecnico restauratore che la usa come laboratorio... Mi pare si chiami Roberto Carli... È un tipo distinto: fa il professore all'accademia delle belle arti, o qualcosa del genere... Però lo conosco molto poco: vive in città e qui ci viene raramente..."
"D'accordo, signora, la ringrazio." Finì di bere il caffè, poi salutò Carolina Spada ed uscì.

Il profumo del dolce si diffondeva nella cucina, rendendo Saverio orgoglioso della propria creazione. Cucinare per lui era qualcosa che andava oltre l'oggettività della situazione, era come elevarsi sopra le cose umane per fluttuare nel mondo degli odori, dei sapori, degli aromi... Inoltre lo aiutava a pensare. Questa volta aveva amalgamato burro, zucchero e uova alla farina e al lievito, unendovi, in ultimo, qualche cucchiaio di succo d'arancia e un poco di cointreau. Ora odorava il profumo del dolce e si lasciava andare a diverse considerazioni, accarezzando il grosso gatto nero che, con gli occhi chiusi, dimostrava il proprio benessere emettendo delle sonore fusa.
Il brigadiere Toni Sarrino, che aveva un vero e proprio talento nel saper raccogliere voci e dicerie su chiunque, gli aveva fornito diverse informazioni sugli abitanti degli edifici che affacciavano sul cortile della signora Maria. Si trattava, come già riferito dalla signora Spada, di persone "per bene". La famiglia Guala era composta da padre, madre e due bambini di otto e dodici anni. I genitori lavoravano tutto il giorno in un bar che gestivano nel centro del paese e i ragazzi, quando non erano a scuola o a qualche allenamento sportivo, si dimostravano gentili e ben educati. Gli anziani coniugi Torre, invece, erano due tranquilli pensionati che amavano i gatti a tal punto da allevarne due nel loro appartamento. La simpatica Carolina Spada era un'arzilla vedova di mezza età che impegnava il suo tempo prestando opera di volontariato nella locale residenza per anziani. Infine c'era il professor Roberto Carli, che però risiedeva in città e che, nella cantina confinante con quella della signora Maria, ci veniva saltuariamente. Era uno storico dell'arte, appassionato di antiquariato che nel tempo libero restaurava mobili antichi. Era appunto per soddisfare questo suo hobby che aveva affittato il piccolo magazzino.
Chissà quale fra queste "persone per bene" aveva pensato di sbarazzarsi di poveri animali indifesi avvelenandoli con della permetrina che aveva mescolato a carne di manzo. La permetrina, infatti, era la sostanza velenosa che la dottoressa Isabella Mori, veterinario dell'A.S.L., aveva trovato nei resti di cibo che il Maresciallo le aveva consegnato affinchè li analizzasse. Si tratta - gli aveva riferito la veterinaria - di un potente antiparassitario utilizzato per i presidi medico-chirurgici e come insetticida. Essa ha una bassa tossicità per i mammiferi ma non è tollerata dai gatti ai quali può provocare convulsioni e morte anche a dosi minime.
Mah, - pensò - che fosse stato un incidente? Forse quella sostanza, usata magari come antipulci dalla signora Maria che probabilmente ne ignorava la tossicità per i gatti, era finita casualmente nelle polpette e i poveri Pippo e Minù ne avevano fatto le spese. Eppure Saverio non credeva a questa versione. Fece scendere il grosso gatto nero dalle sue ginocchia e tolse il dolce dal forno godendo della buona riuscita della sua ricetta. Pensò di telefonare a Maria: forse lei avrebbe potuto chiarire alcuni dei suoi dubbi.
"Buongiorno, signora, sono il Maresciallo Saverio Lo Giudice..."
"Oh, Maresciallo, ha scoperto chi ha ucciso i poveri Pippo e Minù?"
"Non ancora, signora. Vorrei farle alcune domande..."
"Mi dica pure..."
"Lei usa antipulci per i suoi gatti?"
"Beh, ogni tanto do loro quei prodotti che si trovano in commercio... sa quelle fialette che si mettono sulla pelle, fra le scapole dell'animale..."
Sì, conosceva il prodotto. Impossibile che esistessero in commercio antipulci per gatti a base di permetrina, sostanza mal tollerata dai felini. Decise che bisognava provare un'altra via:
"Ho capito, signora. Mi parli dei suoi rapporti con i vicini..."
"In che senso?"
"Beh, va d'accordo con tutti?"
"Certamente..."
"Non ha mai avuto problemi di nessun tipo? Che ne so, magari per questioni condominiali..."
"Nel cortile vivono solo tre famiglie: non c'è condominio, siamo amici..."
La signora era davvero così ingenua come sembrava? Si chiese il Maresciallo.
"Che mi dice del professor Carli? È amica anche di lui?"
"Anche di lui, sì... Sebbene... sebbene... ecco non so se sia importante..."
"Coraggio, signora, mi dica. Qualunque cosa può essere importante..."
"È solo una sciocchezza! Ecco il professore ha tanto insistito affinchè io gli vendessi la mia cantina...è arrivato perfino ad offrimi centomila euro per un locale di sì e no venti metri quadrati... Naturalmente ho rifiutato: dove avrei sistemato i miei poveri gatti, altrimenti? Ma come può questo fatto avere a che fare con la tragica fine di Pippo e Minù?"
No, forse non aveva nulla a che fare con la morte violenta dei due gatti... però, però a Saverio era balenata un'idea, un'idea che certamente valeva la pena di verificare.

Era un sabato mattina di uno degli aprili più piovosi e freddi che si ricordassero a memoria d'uomo. Saverio ed il giovane carabiniere Carrozzo stavano davanti alla porta del magazzino in uso al professor Carli ed aspettavano. Secondo il sempre ben informato brigadiere Sarrino, infatti, il sabato il professore era solito raggiungere il laboratorio per dedicarsi al suo hobby di restauratore di mobili antichi. Ed infatti alle nove e trenta Roberto Carli arrivò. Parcheggiò la sua potente Mercedes SL.K. 200 Kompressor Sport e si accinse ad aprire la porta del magazzino.
"Il professor Carli?" domandò Saverio facendoglisi incontro.
"In persona. Che succede?" chiese quello, preoccupato alla vista di due Carabinieri in divisa.
"Sono il Maresciallo Saverio Lo Giudice e lui è il carabiniere Italo Carrozzo. Vorremmo rivolgerle alcune domande..."
"A me? E su che cosa?"
"Sull'avvelenamento di due gatti di proprietà della sua vicina, la signora Maria Sebastiani."
"Uh?! E da quando per la morte di due gatti si muovono addirittura i Carabinieri?"
No, non cominciava bene il professore - pensò Saverio - quell'atteggiamento superficiale non prometteva bene.
"Da quando il maltrattamento di animali costituisce reato" rispose dunque un po' piccato.
"Reato?"
"Sì, reato. E piuttosto grave, anche. La Legge numero centoottantanove del duemilaquattro, all'articolo cinquecentoquarantaquattro, stabilisce che chiunque, per crudeltà o senza necessità, cagioni la morte di un animale, venga punito con la reclusione da tre a diciotto mesi..."
"A... addirittura... - fece il professore, pallido in volto - comunque io non ne so nulla..."
"Posso chiederle se lei usa insetticidi per eliminare i tarli dai mobili che restaura?" l'idea gli era venuta mentre parlava al telefono con la signora Maria.
"C... come?" balbettò Carli.
"Beh, non usa tarmicidi?"
"C... certo che li uso... ma... ma sono prodotti poco tossici..."
"A base di che cosa?"
"Non... non me lo ricordo..."
"In questo caso potremmo entrare e vedere sull'etichetta..."
"Non... non capisco a cosa possa servirvi sapere che prodotto uso..."
"E allora glielo spiego: i gatti sono stati avvelenati con polpette contenenti una sostanza chiamata permetrina. Si tratta di un potente antiparassitario usato anche come tarmicida. Se lei non ha nulla da nascondere non le dispiacerà se diamo un occhiata al suo laboratorio..."
"Io... veramente... ecco in effetti ho un prodotto a base di permetrina... ma... - piccole gocce di sudore imperlavano il volto terreo del professore - oh, andiamo Maresciallo... io... sì, io non credevo che fosse così grave! Sì, insomma sono solo gatti!!"
Sono solo gatti, questa affermazione la diceva lunga sul carattere del professore. Ma Saverio decise di sorvolare e di attenersi alla procedura:
"Ma la Legge è legge, e va rispettata. Allora, è stato lei?"
"Ecco... io... non credevo di rischiare il carcere!! Pensavo solo... pensavo che se alcuni gatti fossero morti, la signora Sebastiani forse, pensando che qua le sue bestie non erano al sicuro, mi avrebbe venduto la cantina... in fondo lei usa quel locale solo per gli animali! Per loro un posto così e sprecato! Invece a me sarebbe stato così utile! Avrei potuto allargare il mio laboratorio e pensare magari di lanciarmi nel mercato dell'antiquariato... Francamente... francamente non pensavo che fosse così grave! Due gatti in più o in meno che differenza possono fare? Così quando ho letto sull'etichetta del mio tarmicida che era fortemente tossico proprio per i gatti mi è venuta l'idea... Non credevo, davvero non credevo che si sarebbero mossi addirittura i Carabinieri per due stupidi gatti!"
"Va bene. Avrà modo di spiegare il suo punto di vista nelle sedi opportune. Ora ci segua in Caserma..."

Saverio finì di preparare la tavola posizionandovi al centro un vaso con un bel mazzo di fiori freschi che aveva acquistato appositamente per l'occasione. Aveva apparecchiato con estrema cura. Voleva fare bella figura con la signora Maria! Era una donna speciale e meritava un trattamento speciale. Sorrise compiaciuto tra sè e sè e controllò la cottura del sughetto. Aveva fatto rosolare olio, prezzemolo, aglio e cipolla finchè quest'ultima non si era imbiondita, poi aveva aggiunto una dadolata di pomodorini freschi e di zucchinette tenere tenere, il sale ed ora aspettava che tutti gli ingredienti si amalgamassero a dovere per potervi, in seguito, condire il riso integrale che avrebbe gettato nell'acqua in bollore non appena la sua ospite fosse arrivata. Aveva pensato ad un piatto unico, fatto seguire, in conclusione, da una bella macedonia fresca di fragole e melone: l'ideale per una donna buona e semplice come la signora Maria. Il grosso gatto nero sbadigliò ed allungò le zampe anteriori sulla sedia nella quale stava sonnecchiando, al fine di trovare una posizione ancora più comoda. Saverio lo guardò: amato e certe volte addirittura adorato come una divinità, oppure odiato oltre ogni limite; difficilmente esistono vie di mezzo nei rapporti tra l'uomo ed il gatto. Eppure al Maresciallo veniva da pensare che avesse avuto ragione Leonardo Da Vinci quando aveva definito il gatto come il capolavoro più completo della natura, anzi, a lui pareva che chiunque fosse in grado di entrare in sintonia con questo "capolavoro" avesse una marcia in più rispetto agli altri. E ben l'aveva dimostrato la signora Maria, definita in paese come la Gattara, quando, informata delle bieche ragioni che il professore aveva portato a giustificazione del suo gesto, si era limitata a dire: "Oh, poverino, che sfortuna deve essere vivere la vita così aridamente! Certe persone pensano che possedere molti oggetti preziosi le renda superiori, invece non sanno che si è veramente superiori solo quando si sa godere di ogni piccolezza rispettando ogni essere vivente. Per esempio, come diceva anche Guy de Maupassant, non c'è nulla di più dolce, nulla che dia alla pelle una sensazione più delicata, più raffinata, più preziosa, del pelo tiepido del gatto... ma il povero professore questo non potrà mai capirlo... non le pare una grandissima sfortuna per lui?"
Era stato proprio per tutte quelle chicche di saggezza pronunciate con naturalezza e senza alcun rancore, che al Maresciallo era venuta voglia di invitare la signora Maria a pranzo e di cucinare per lei. Chi sa serbare tanto amore e gratuita comprensione per il prossimo, sia esso uomo o animale, è senza dubbio una persona rara, la cui amicizia è un prezioso dono, e lui sperava con tutto il cuore di essere degno del privilegio di godere della compagnia di quella persona così speciale.