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Racconti brevi

"Il fabbricante di avventure"

"Uffa... accidenti a quel ciccione maledetto che si crede un grande esperto d'arte ed invece non è che un truffatore, un ladro, un venditore di cianfrusaglie ed uno schiavista, per giunta!" imprecava fra i denti Alfredo mentre, nel retro della piccola bottega, cercava di risistemare una vecchia scrivania... "
Sì, sì, certo come no - pensava - autentica scrivania liberty in noce italiano risalente all'inizio del Novecento torinese. Ma quando mai? Chissà dove aveva rintracciato quel rudere, il vecchio ciccione!! Ed ora toccava a lui restaurarla per farla sembrare quello che probabilmente non era, ma che serviva a scucire a qualche sprovveduto interessato a comprarla una cifra a tre zeri..."

Alfredo s'inginocchiò in terra con nelle narici l'odore nauseante della trementina. Doveva per forza disincagliare il fottuto cassetto, che proprio non ne voleva sapere di slittare agilmente nelle sue corsie. Che diavolo c'era che lo bloccava? Cercò di tirarlo verso di se ed all'improvviso il cassetto si staccò dalla scrivania con un rumore simile ad un lamento ed insieme a lui uscì pure un foglio ingiallito ripiegato più volte su se stesso e probabile causa dell'impossibilità del cassetto di chiudersi a dovere. "
Questa, poi...! - pensò perplesso il ragazzo - e che sarà mai questo foglio? Pare molto antico..." Si tolse i guanti necessari a proteggere le mani dai potenti solventi chimici che usava per restaurare i mobili e aprì piano, piano il vecchio pezzo di carta. Si trattava presumibilmente di una lettera:

"Torino, 22 Aprile 1911. Forse non hai capito ancora. Perciò te lo ripeto per l'ennesima volta. I soldi non mi bastano più. Voglio la fama... quella fama che ti sei preso tu, rubandomela... Maledetta quella notte del 1880 quando t'incontrai, povero e deluso, nel porto di Brindisi e decisi di fidarmi di te. Ricordati, Emilio, che io sono te. Io sono il Capitano, io sono il vero Fabbricante di Avventure. E posso rovinarti. Sai che posso... E Ida lo aveva capito, povera Ida!!! Impazzita per colpa tua... così confusa da non sapere più qual è la realtà... Ma a te farò di peggio. Rammenta le mie parole, scribacchino dei miei stivali! Dammi quello che mi spetta di diritto o me lo prenderò con la forza!!! Ho documentato tutto... Vediamoci martedì mattina, il 25, al solito posto, nel Bosco della Madonna del Pilone. Io ti consegnerò la documentazione e tu firmerai un foglio da me redatto dove ammetterai il tuo inganno. Non fare scherzi... sai che posso essere molto pericoloso!"

"Santo Cielo!! - esclamò l'uomo a voce alta nonostante fosse solo, nella piccola bottega - che roba è mai questa?" Alfredo Villa aveva 27 anni, si era da poco laureato all'Accademia delle Belle Arti di Carrara e la Storia dell'Arte era per lui, oltre che materia di studio, pure un'autentica passione... E se ne intendeva davvero!! Senza falsa modestia, era uno che della sua materia sapeva molto, alla faccia del grassone che gli dava lavoro e che non avrebbe riconosciuto la differenza fra un dipinto di Modigliani e uno di Picasso neanche leggendone la firma sopra. Se faceva solo il restauratore e chinava la testa di fronte all'arroganza del suo capo, il Cavalier Pino Lopresti, era soltanto per racimolare i soldi necessari ad aprire un'attività tutta sua. Ragionando a mente calma, Alfredo convenne che non si poteva trattare di un falso. La carta e l'inchiostro, anche ad una sommaria ricognizione sembravano proprio autentici e risalenti agli inizi del '900. Che cosa poteva essere? Una luce gli si era accesa subito, mentre leggeva. Ed ora ripassando una a una le parole vergate con la tipica grafia di quei tempi, la luce diventava sempre più intensa...

Aprile 1911. Torino. Emilio. Ida la pazza. Il bosco della Madonna del Pilone... Ad Alfredo tutte queste notizie facevano venire in mente un solo nome. Ma cosa poteva significare la lettera? Possibile mai che si trattasse di quello che pensava?? Cominciò a sudare copiosamente... Se fosse davvero da attribuire a quel nome, sarebbe una scoperta da prima pagina di tutti i giornali del mondo. Oddio gli elementi erano un po' pochini... eppure... eppure la luce che gli si era accesa nel cervello era talmente forte da abbagliarlo. Che fare? Parlarne al ciccione malefico?? E per cosa, poi? Quello a malapena sapeva leggere, figurarsi se avrebbe capito l'importanza della scoperta. L'avrebbe mercificata!!! Infondo lui mercificava tutto e tutti... No. Avrebbe agito da solo. Ma prima aveva bisogno di diverse conferme. E poi, forse, davvero il suo nome sarebbe diventato ancora più famoso della persona che ormai era quasi certo fosse il destinatario di quella strana lettera. E quella persona altri non era, secondo Alfredo, che il grande Emilio Salgari!!!!

Alfredo non stava più nella pelle. Aveva protetto l'antica lettera infilandola dentro ad una busta di plastica trasparente a chiusura ermetica, quelle che servono anche a conservare i reperti archeologici. Poi, chiuso il piccolo negozio in via Fiasella (tanto il vecchio ciccione si è no che ci faceva un salto una volta alla settimana, giusto per contare gli incassi e quindi non si sarebbe mai accorto di una defezione di un paio d'ore), s'era rintanato nella sua piccola mansarda, in via Mascardi a Sarzana. Ora era incollato al computer. Eh, nell'era di internet, non c'è notizia di cui non ci si possa appropriare utilizzando come si deve google e gli altri motori di ricerca. Per prima cosa, dando per vero che il destinatario della lettera fosse sul serio il più grande scrittore italiano d'avventura, bisognava sapere il più possibile sulla vita di Emilio Salgari.

Non fu affatto difficile. Il web brulicava di biografie che riguardavano il grande autore. Alfredo venne così a conoscenza di diversi particolari, che chissà perchè, andavano sempre di più ad illuminare la lampadina che gli si era accesa subito nella mente. La data della lettera precedeva di pochi giorni quella del suicidio ed era esattamente la stessa riportata nelle missive che vennero ritrovate in tasca alla vittima. Due missive, per la precisione, una indirizzata ai figli ed una agli editori. Poi c'era un altro particolare, che Alfredo riteneva assai importante. La citazione che il misterioso mittente faceva dell'anno 1880 e del Porto di Brindisi. Stando a quanto raccontavano le cronache, infatti, Salgari, nell'estate del 1880 si era imbarcato nel mercantile "Italia Una", per una breve crociera nelle acque adriatiche. Un viaggio durato circa tre mesi e conclusosi proprio nel porto di Brindisi. Per i successivi due anni del giovane Emilio non si seppe più nulla... Che poteva significare? Forse che Salgari in quel periodo venne a contatto con qualcuno, qualcuno di pericoloso, colui che vent'anni dopo scrisse la lettera che ora Alfredo guardava con sospetto, chiusa nella plastica trasparente? E cosa intendeva il misterioso mittente quando scriveva "io sono te, io sono il Capitano, io sono il fabbricante di avventure"? No, no, no. Così non poteva andare. Anche ammesso che davvero nei due anni che costituivano "il buco nero" della vita di Salgari ci si volesse infilare un incontro misterioso, la persona in oggetto era senz'altro deceduta. E come si poteva risalire all'identità di un uomo vissuto un secolo fa e del quale non si sa nulla se non che nel 1880 s'aggirava per il porto di Brindisi e nel 1911 presumibilmente era invece a Torino? Impossibile.

"Calmati, calmati...- pensava Alfredo massaggiandosi l'irsuto mento - vediamo... nella lettera lo sconosciuto menziona la povera pazza Ida Salgari: devo riuscire a rintracciare notizie anche su di lei..." Secondo le fonti che era riuscito a trovare, Ida Peruzzi, nel 1892, andò sposa, ventitreenne a Emilio Salgari ed ebbe da lui ben quattro figli. Verso i primi anni del novecento la donna, che a quanto pareva aveva con lo scrittore un rapporto molto singolare fatto di finzione, di giochi e persino di tradimenti in qualche modo condivisi ed accettati dal marito, cominciò a manifestare segni inequivocabili di una malattia mentale che la portò al ricovero definitivo in manicomio (a Torino prima e a Collegno dopo) il 19 Aprile del 1911. Da quel giorno Ida, che aveva quarantatre anni e pesava quasi cento chili, parve inghiottita dall'ospedale psichiatrico e di lei non si seppe più nulla. Arrendersi? Manco per sogno. Cerca e ricerca, Alfredo riuscì a recuperare alcune notizie intrufolandosi nell'archivio dell'ex manicomio di Collegno. Di Ida Peruzzi Salgari si riportavano, ogni fine anno alcune annotazioni come queste: dicembre 1912 "sempre agitata"; dicembre 1913 "si compiace del turpiloquio"; dicembre 1914 " di notte non dorme"... nulla di nuovo per anni, ogni dicembre poche righe scritte da un'unica mano, sempre uguale. Sempre così, fino al dicembre 1920. Quell'anno una mano diversa scrisse: "la paziente, molto migliorata, dimostra, però, un attaccamento quasi morboso per l'infermiera Maria Speri, nata a Torino il 15 marzo 1900 e dipendente dell'ospedale a partire dal 4 aprile 1919" "Molto strano - pensò Alfredo - che un manicomio riportasse una notizia del genere..." Come mai? Per essere annotata negli annali, l'amicizia fra le due donne doveva essere proprio intima...

Scorse velocemente la paginata che gli era comparsa sullo schermo del pc. Eccola di nuovo menzionata: dicembre 1921 "temiamo fortemente che la schizofrenia della paziente abbia coinvolto anche l'infermiera Maria Speri e per questo decidiamo, in data 8 febbraio 1920, l'allontanamento della medesima dalla struttura ospedaliera. Ne segue un mutismo rassegnato da parte della paziente Ida Salgari che dal giorno del licenziamento rifiuterà di parlare e di mangiare, costringendo il personale medico a trasferirla all'ospedale civico di Torino" Niente altro. Se non la notizia del decesso della signora Salgari avvenuta il 1° ottobre 1922. Bene. Le piccole cellule grigie del cervello di Alfredo lavoravano alacremente... Che cosa si poteva desumere da tutte queste informazioni? Beh, solo dalle informazioni, poco o nulla. Ma con un po' di fantasia, con un po' di fantasia si poteva immaginare che lo sconosciuto mittente della lettera ritrovata incastrata sotto al cassetto della scrivania fosse a conoscenza di un segreto che riguardava Emilio Salgari. E che lo ricattasse, pure... oltre tutto questo avrebbe spiegato come mai lo scrittore si trovava sempre in ristrettezze economiche nonostante fosse uno fra i più prolifici autori della storia. E se Ida fosse stata a conoscenza di questo ricatto? "Povera Ida" diceva la lettera, "aveva capito"... E se fosse stato proprio questo segreto a contribuire alla sua pazzia? E ancora se l'avesse confidato all'amica infermiera? Tutte ipotesi certo. Però tutte verosimili. O no? "Ma sì. Seguiamo questa follia, visto che la follia pare essere il filo conduttore di tutta questa vicenda" si disse Alfredo sorridendo. Maria Speri.

Chi era costei? Miracoli della tecnologia moderna, sapendo la data e il luogo di nascita di una persona, si può facilmente ricostruirne il codice fiscale. Esiste un programma apposito. E una volta in possesso del codice fiscale di una persona, sono innumerevoli le altre notizie che si possono ottenere su di essa. Un semplice clic sul sito dell'anagrafe virtuale del comune di Torino, mise Alfredo in grado di sapere che la suddetta Maria Speri, nata a Torino il 15 Marzo 1900, era deceduta, sempre a Torino il 19 Giugno 1990. A questo punto il ragazzo pensò di accertarsi se l'ex infermiera avesse o meno degli eredi, che in teoria potevano essere ancora in vita. Ma come fare? Alfredo pensò che nei novant'anni della sua vita la signora Maria forse s'era sposata. Perchè non provare a vedere se esisteva, nel comune di Torino, un certificato di matrimonio a suo nome? Utilizzando la stessa tecnica che aveva usato per ottenere il certificato di morte e cioè inserendo i dati della signora nell'apposito modulo, venne così a conoscenza che Maria Speri s'era coniugata, l'11 Gennaio 1930 con Angelo Spangaro. Spangaro?? Strano cognome. Quanti Spangaro potevano esserci a Torino? Domanda di facile risposta.

Le dita di Alfredo si mossero veloci sulla tastiera del computer. "apri nuova scheda", "cerca con google", "pagine bianche Torino" e poi, nello spazio apposito "spangaro". Ecco fatto. A Torino esistono sei persone con quel cognome. Per ognuna un indirizzo ed un numero di telefono. Ok. Forse era tutto inutile. Forse la signora Speri, maritata Spangaro, non sapeva un bel niente del segreto di Salgari. Forse gli Spangaro ora viventi e residenti a Torino non c'entravano nulla con l'ex infermiera e non erano neanche suoi lontani parenti... ma perchè non provare? "santo Cielo!!" - esclamò il ragazzo quando s'avvide che erano le quattro del mattino. Era rimasto al pc tutta la notte! Va beh. Ora ci stavano un paio d'ore di sonno e poi avrebbe cominciato a telefonare agli Spangaro uno per uno. Magari avrebbe fatto la figura del pazzo, chiedendo loro se erano parenti di Maria Speri, ma chissà: la fortuna aiuta gli audaci!

Alfredo guardava la vecchia scrivania dalla quale era saltata fuori la misteriosa lettera. In effetti esaminandola bene poteva essere autentica, risalire davvero ai primi del novecento italiano. Che fosse la leggendaria scrivania di Emilio Salgari? Quella alla quale, si diceva, lo scrittore stesse incollato a scrivere per giorni e giorni? "Santo Cielo!! Sei davvero lei? - disse il giovane, come se il mobile potesse avere un'anima - sei il tavolo che ha visto nascere romanzi come "Il corsaro nero"? Magari tu potessi rispondermi!" Che ci faceva quella lettera incastrata fra il cassetto e le guide dove esso doveva scorrere? Ci era capitata per caso, nel corso degli anni o vi era stata nascosta perchè nessuno la trovasse? Fosse vera la seconda ipotesi, Alfredo si figurò Salgari, quel giorno, il 22 aprile 1911 che, dopo aver deciso di farla finita, magari proprio a causa delle minacce del personaggio misterioso, verga le missive per parenti e amici e poi nasconde quella lettera, foriera di tanta sofferenza, sotto al cassetto perchè non venga ritrovata mai. E poi che succede? Va all'appuntamento nel bosco con il mittente della lettera e poi s'uccide? O si uccide prima per non dover sottostare alle minacce dello sconosciuto? E se invece fosse stato quest'ultimo ad ucciderlo? Troppe domande, troppe.

Alfredo era solo nel piccolo negozio, come sempre. Si era portato dietro i numeri di telefono dei sei Spangaro. Cominciò a chiamare chiedendo a chi rispondeva se fosse parente o conoscesse Maria Speri. Come prevedibile i primi tre negarono, perplessi e forse anche un po' irritati. Ma al terzo tentativo rispose una donna, Mirella Spangaro Rossi, secondo l'elenco. Alla solita domanda essa rispose: "Certo che la conosco! Maria Speri era mia madre! Ma non ho capito bene chi è lei..." Ad Alfredo il cuore schizzò in gola. Si schiarì la voce incerto se credere alle sue orecchie. "Mi chiamo Alfredo Villa, signora. Sono uno storico dell'Arte e sto cercando notizie sulla moglie dello scrittore Emilio Salgari. Sono venuto a conoscenza del fatto che sua madre fu amica della signora Ida nel periodo che essa trascorse in manicomio. Ecco sono in cerca di notizie inedite... non so se può aiutarmi..." Dall'altro capo del filo il ragazzo avvertì netta una sensazione di disagio da parte della signora, un silenzio troppo prolungato per essere solo conseguenza dell'ovvia sorpresa. "Signora è ancora lì?" "Sì. Ci sono. Che vuole sapere di preciso?" "Non so: aneddoti, cose sulla vita dello scrittore che la moglie possa aver raccontato a sua madre... però... parlarne per telefono... ecco se lei fosse così gentile da incontrarmi... questo sabato ad esempio... mi dica lei dove." Alfredo si aspettava che la signora rifiutasse un invito tanto precipitoso, invece quella disse: "Va bene se ci vediamo sabato mattina, verso le undici al Caffè Al Bicerin, di fronte al Santuario della Consolata?" "Sì, sì, va bene...- si affrettò a rispondere Alfredo, mentre pensava ad una scusa da inventare col vecchio ciccione per ottenere un giorno di permesso e poter raggiungere Torino - grazie Signora, a presto..."

Torino Novembre 2011 Alfredo camminava con le mani in tasca lungo Corso Valdocco e pensava. Era partito addirittura alle 4.35 del mattino dalla Stazione della Spezia centrale, aveva cambiato treno a Torino Porta Nuova ed era arrivato quasi in orario sulla tabella di marcia a Porta Susa, intorno alle 8.45. Niente taxi. Una bella passeggiata. Svoltò in Via Ignazio Giulio ed intravide la chiesa sullo sfondo. Mancava poco all'incontro.

Il cellulare segnava le 10.50. Il bar era molto carino, pittoresco e trasudava la memoria di una Torino elegante e regale che forse non esisteva più. In un tavolino d'angolo sedeva una signora sui settanta anni. Bionda, piuttosto in carne ma con l'aspetto sorridente ed intelligente. Alfredo le si avvicinò: "La Signora Spangaro Rossi? Sono Alfredo Villa." "Ah, eccola. Si sieda" E lo scrutò con uno sguardo gonfio di domande inespresse. Alfredo ubbidì ed al cameriere, prontamente accorso al loro tavolo, ordinò un caffè. La signora invece, stava già sorseggiando un the caldo. "Mi scusi, dottor Villa... ma lei... si voglio dire... lei è stato mandato da qualcuno?" chiese la donna appoggiando la tazza. "Uh? Mandato da qualcuno? Non capisco che vuol dire, Signora..." "Ecco... sì, insomma come mi ha trovato? Qualcuno le ha fatto il mio nome?" La domanda della donna e il suo sguardo enigmatico fecero pensare al ragazzo che ci dovesse essere qualcosa di poco chiaro sotto. Già era strano che una signora di una certa età accettasse così su due piedi un incontro con un perfetto sconosciuto, che poi insistesse per sapere se ci fosse un mandante suonava addirittura grottesco.

Decise che avrebbe giocato a carte scoperte. "Non so cosa intenda, signora. Ma le dirò le cose come stanno veramente." E raccontò a quella signora affabile ma inconsueta, della scrivania, della lettera e di tutte le sue congetture, pensando, ogni volta che pronunciava una parola, che la vicenda diventava sempre più folle. Ma la signora non sembrava stupita. Anzi sorrideva. Alla fine disse: "Lo sapevo che sarebbe venuto prima o poi..." "Come dice Signora?" si stupì Alfredo. "Beh, anche se non è stato il Capitano Riccardo Ricchiuti o un suo parente a mandarla, è un po' come se fosse così..." "E chi è il Capitano Riccardo Ricchiuti?" forse, pensò Alfredo, la Signora Maria Speri era davvero schizofrenica pure lei e un po' della sua follia era stata ereditata dalla figlia. Ma Mirella Spangaro Rossi continuava a sorridere e rispose: "E' solo il mittente della lettera di cui mi ha parlato. Capisco la sua sorpresa, dottor Villa. Ora le spiego tutto. Poi, se vorrà, mi seguirà a casa mia. Abito a pochi isolati da qui. Là le mostrerò le prove di quello che sto per narrarle. Vede, venni a conoscenza di questa vicenda solo pochi giorni prima della morte di mia madre. Quando mancò aveva novanta anni, ma era lucidissima. Mi raccontò tutta questa storia e mi pregò di non rivelarla a nessuno a meno che non fosse venuto a chiedermela qualcuno mandato dal Capitano. Questo, mi spiegò, era l'ultimo desiderio della sua povera amica, la Signora Ida Peruzzi Salgari, la persona dalla quale mia madre aveva saputo tutto e avuto il diario e le altre lettere che se vorrà dopo le mostrerò..."

Alfredo guardava l'anziana signora sempre più stupito: che stava accadendo? Quale rivelazione stava per fare quella donna con la calma e la tranquillità con la quale normalmente si fa il resoconto della propria banale giornata? Flemmatica e sorridente, Mirella riprese: "Dobbiamo tornare ad una notte di tanti, tanti anni fa ... una notte del 1880, quando il giovane Emilio Salgari, dopo essersi imbarcato come mozzo su di un mercantile, se ne sta senza far nulla in un bar malfamato del porto di Brindisi. E' deluso e triste. Non è riuscito a prendere il diploma all'Istituto Nautico "Paolo Sarpi" e anche l'esperienza come mozzo non l'ha entusiasmato. Lui sogna avventura e grandi viaggi... Bene in quella notte incontra l'uomo che gli cambierà la vita. Di lui non si sa nulla di certo, tranne che conosce un sacco di storie, di cui egli stesso dice di esserne stato testimone oculare. Tutti lo chiamano Capitano, ma al momento non comanda nessuna nave. Dice di doversi nascondere per aver barato alle carte ed aver 'fregato' un tipaccio del posto poco avvezzo ad essere turlupinato e quindi intenzionato a 'far la pelle' al Capitano. Insomma, Emilio prende a frequentare il Capitano sempre più spesso. Inizialmente si vedono al bar del molo, ma poi Salgari si trasferirà a vivere nella vecchia e malandata soffitta dove il Capitano abita. Neanche Ida aveva mai capito bene quali fossero i rapporti fra i due, fatto sta che tutti i racconti del maestro dell'avventura erano invece i racconti del Capitano Riccardo Recchiuti. Emilio passa all'uomo quasi tutti i soldi che guadagna. Lo fa per farlo tacere, perchè vuole essere lui quello famoso. Ha bisogno di questo, ha bisogno della fama forse più che dei soldi. Nell'ambiguo rapporto fra i due uomini viene coinvolta anche la povera Ida... coinvolta è un eufemismo... Riccardo ed Emilio... Chi è uno? Chi è l'altro? Chi è che scrive le storie? Chi è che le racconta? Ida è innamorata di Emilio, ma lo è anche dei romanzi e della vita avventurosa che egli finge di aver trascorso. Significa che è innamorata anche di Riccardo. E infatti i due hanno una relazione. Salgari sa e tollera. Tollera tutto... fino a quando è Ida a non farcela più. Vuole capire ed è sempre più irrequieta. Sull'altro fronte il Capitano si stufa di restare sempre nell'ombra, il successo dei romanzi di Salgari è tale che Riccardo vuole prendersi i meriti che gli spettano. Fa sempre più pressione su entrambi i coniugi. Ida non ne può più e finisce per essere ricoverata in manicomio... Salgari... beh, Salgari fa quello che tutti noi sappiamo... si suicida... e in quel modo tacita per sempre il Capitano, che, probabilmente, non se la sente di distruggere il mito che la morte di Emilio aveva creato. Non se la sente anche perchè sa di essere responsabile della tragedia avvenuta. Forse ama davvero Ida ed è in pena per lei. La va a trovare una volta all'anno, tutti gli anni, nel giorno dell'anniversario del suicidio del marito. Mia madre stessa è stata testimone delle visite di lui. I due parlano per ore. Qualche volta si baciano anche... È proprio in una di queste occasioni che il Ricchiuti regala a Ida tutte le prove documentate che testimoniano l'inganno di Salgari al 'mondo intero'. Mamma intuisce qualcosa e fa domande. Ida un giorno le racconta tutto. Ma l'intimità fra le due donne non piace alla direzione del manicomio. A quei tempi c'era molto meno tolleranza che ai giorni nostri, così mia madre viene licenziata. Ida e lei rimangono comunque amiche. Tanto amiche che quando la Signora Salgari sta per morire prega mamma di custodire per lei le prove del 'tradimento' del marito, supplicandola di non rivelare il segreto a nessuno se non a qualcuno mandato dal Capitano. Ida muore nel 1922, il Capitano non si farà mai più vivo. Non aveva eredi e solo casualmente, leggendo i necrologi sul giornale, mia madre, che nel frattempo si era sposata ed aveva avuto me, viene a conoscenza della sua morte avvenuta nel 1936. Questo è tutto. Ora se vuole posso mostrarle il diario, le lettere autografe di Salgari che prega Recchiuti di non dir nulla e altre cose del genere. Io non voglio responsabilità, decida lei che farne. Ho tenuto fede alla mia promessa e a quella che mamma aveva fatto a Ida." Mirella pareva affaticata.

Troppi ricordi, troppe emozioni tutte in una volta. Alfredo aveva le guance infuocate, le orecchie che fischiavano. Possibile mai?? La donna era una pazza furiosa o era la custode di un segreto enorme che ora toccava a lui proprio a lui rivelare? Come poteva tacere una cosa simile? Famoso. Sarebbe stato lui a diventare famoso. E poi come fermarsi ora? Come dire no alla possibilità di leggere il diario del Capitano e le lettere autografe di Salgari? Si alzò lento e vide se stesso pagare il conto e seguire la signora fuori dal bar. Svoltarono in Via della Consolata e, percorsi pochi metri in silenzio, Mirella lo accompagnò dentro ad un portone, al civico numero 8, di un elegante palazzo ottocentesco grigio e bianco. Al quarto piano c'era l'appartamento della Signora. Alfredo taceva. Si sentiva come doveva essersi sentito Howard Carter quando per la prima volta era entrato nella tomba di Tutankhamon. Si accomodò in un salottino con mobili antichi che profumavano di cera d'api. Dalle finestre filtrava, tramite le tende di velluto, una stana luce sinistra che infondeva un'atmosfera inquietante nel cuore e nella mente di Alfredo. Mirella comparve all'improvviso. Si era tolta il cappotto e portava in mano un vassoio con un bicchierino colmo di un liquore scuro, guarnito con una fettina d'arancia. "Gradisce un amaro, dottor Villa?" Un liquore, pensò il ragazzo era proprio quello che gli ci voleva per sostenere il 'peso' di quel momento. "Grazie Signora" disse. Lei trasse da un vecchio secrètaire biedermeier di noce un cofanetto e glielo mise sulle ginocchia. Alfredo lo aprì e ai suoi occhi comparvero decine di lettere ed un diario con la copertina di cuoio. Non poteva crederci. La testa gli girava. Diede un'altra sorsata all'amaro sperando di trarne coraggio.

Il gusto del liquore non era gran che: legava la bocca ed era decisamente troppo amaro, ma poco importava in quel momento. Prese in mano la prima lettera e la lesse. Si trattava di una supplica accorata che il 'grande' Salgari rivolgeva al Capitano affinchè non lo rovinasse. Tutto originale: la firma, la grafia. Tutto. Non poteva esserci alcun dubbio. Il cuore batteva forte. Troppo forte. E la testa girava. La vista si offuscava, sempre di più. Che stava succedendo?

Alfredo guardò la Signora in cerca di aiuto, forse aveva bevuto troppo, forse tutte quelle emozioni... ma Mirella lo fissava in modo strano. Uno sguardo che prima non le aveva notato. L'affabilità era scomparsa: una luce fredda, raggelante si scorgeva dietro le pupille azzurre. "Capisce, dottor Villa, mia madre aveva fatto una promessa. Ida non voleva che il suo Emilio venisse sbugiardato di fronte a tutto il mondo. E quello che Ida desiderava era come un ordine per mamma. E io non posso disubbidire a mamma. Capisce vero?" La stanza girava intorno a lui. Il respiro sembrava non volergli più uscire dalla bocca... "Che... che diavolo... che diavolo succede?" rantolò il ragazzo. "Nulla. Proteggo il segreto. E lei sta morendo. Nel suo liquore ho mescolato tutto il contenuto del flacone dello xanax... Conosce lo xanax? Serve per dormire... sa, soffro d'insonnia... ma una dose così alta è letale, soprattutto se associata ad alcolici... oh, ma non abbia paura, non soffrirà... ora s'addormenterà, tranquillo... per sempre..." L'ultima cosa che Alfredo vide nella sua vita, fu la Signora Mirella Spangaro Rossi che s'avvicinava ad una foto con due donne ritratte assieme in una stanza d'ospedale. L'ultima cosa che Alfredo ascoltò nella sua vita fu la voce della Signora dire: "Stai tranquilla mamma. Tu e la tua amica Ida siete al sicuro. Il vostro segreto è salvo. Nessuno verrà mai a mettere in dubbio l'autenticità delle opere di Salgari. Nessuno. Finchè io sarò in vita" La donna sfilò dalle mani, ormai senza vita di Alfredo, la lettera che stava leggendo prima di morire. La ripiegò e la ripose nel cofanetto. Poi guardò il ragazzo. "Peccato - pensò - un così bel giovane... ora mi resta il problema di sbarazzarmi del cadavere. Eh, Mirella, sarà proprio un lavoraccio. Ormai non sei più giovane e forzuta come un tempo - si disse - ma se ci sei riuscita con gli altri due che erano venuti a far domande su Emilio e Ida, ci riuscirai anche con lui... non ora, però... ora sono troppo stanca..." Sospirò voltò le spalle al cadavere di Alfredo Villa e chiuse la porta del salotto.